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VENTI DI GUERRA MONDIALE

      

   

Foreign Affairs

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Massimo Iacopi & Carmelo Sarcią


Testo del Gen. B. Massimo Iacopi integrato da riflessioni del Direttore di Graffiti

 

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Notizie dal Fronte

VENTI DI GUERRA MONDIALE

Testo del Gen. B. Massimo Iacopi integrato da riflessioni del Direttore di Graffiti

(Assisi PG, 12/06/2025)

VENTI DI GUERRA MONDIALE

Situazione Generale

La situazione generale connessa con la questione russo ucraina non mi sembra particolarmente cambiata rispetto a quella della news del mese scorso, con l’aggravante dell’aumento delle complicazioni già esistenti. Confermo che, a mio avviso, i due principali interlocutori sembrano “divertirsi” a scambiarsi direttamente ed indirettamente le proprie opinioni in piena malafede, come in un perfetto dialogo fra “sordi”, in modo che ciascuno possa continuare ad operare nella direzione che più gli conviene o gli aggrada. Gli USA sono riusciti a far digerire a ZELENSKY quasi tutti i rospi che gli avevano preparato sull’esportazione di materiali ed, in particolare, sulle terre rare e PUTIN, nel frattempo, cerca di mettere a frutto il tempo che resta verso l’ormai apparente ed inevitabile tregua, per allargare al massimo le sue conquiste nel Donbass, con corollari di distruzioni e di massacri ed anche con la speranza di togliere a ZELENSKY il massimo di territori che presentano “terre rare”. PUTIN, in ogni caso, anche se non dovesse riuscire ad annettere una buona parte dell’Ucraina, vuole che l’Ucraina “rimanente” debba diventare disarmata e neutralizzata (ossia in balia dell’orso russo). Il trattato recentemente firmato fra TRUMP e ZELENSKY sulle prossime relazioni economiche e commerciali fra i due paesi, sembra apportare, a mio modesto parere, solamente ulteriori complicazioni nei rapporti USA-Russia e sulla possibilità di instaurare una tregua generalizzata sul fronte, a premessa di qualsiasi soluzione pacifica finale del conflitto. PUTIN, a questo punto, non ha più molto da perdere (se si escludono possibili e probabili problemi di sicurezza interna, conseguenti ad una situazione economica disastrosa). Anche quest’anno, “per colpa di ZELENSKY”, non è riuscito ad accaparrarsi tutto quello che era stato programmato ai fini della annunciata e tanto strombazzata celebrazione della Vittoria della Russia nella guerra, programmata in occasione della celebrazione del 9 maggio, la ricorrenza della vittoria sovietica nella 2^ Guerra Mondiale. Ma quello che preme a Mosca è soprattutto l’annullamento delle sanzioni da parte dell’Occidente, un evento, che molto dipende, non solo dalle pretese di PUTIN, ma anche dalla stessa Europa e dalle certezze che il capo del Cremlino sarà in grado di garantire sulla sicurezza dei nuovi equilibri e sul recupero dei finanziamenti erogati dalla stessa Europa durante il conflitto. Anche lo stesso TRUMP, (dichiarazione televisiva recente), conoscendo le richieste di Mosca, sembra non credere più ad una soluzione facile della questione ucraina, per la quale non è disposto a rimuovere la sanzioni economiche ed ha persino dato il via a nuovi aiuti militari a KIEV. L’Europa, grazie alla incompetenza dei suoi dirigenti ed alla inadeguatezza del suo sistema decisionale di governo, sembra imprigionata in un ruolo più da “piromane” che da pompiere. Inoltre, quale potrebbe essere l’aiuto dei “volenterosi” alla soluzione della questione, quando questi volenterosi si sono riuniti per loro iniziativa, senza l’appoggio della maggioranza degli stati membri dell’Unione, in una sede non istituzionale e con rappresentanti di entità che non fanno parte dell’Unione Europea (NATO, Regno Unito, Canada). Sull’autore di tale estemporanea iniziativa mi sono già ampiamente espresso sulla News del mese scorso e ribadisco che l’Europa attuale paga il peccato originale di non essere un’entità federale e ci saranno problemi immani per farla diventare tale, questo almeno finché “qualcuno” continuerà a pensare di poterne avere la preminenza, senza un vero governo federale, senza un esercito comune e senza una politica estera e di sviluppo. Il tutto, in una cupa atmosfera di grande confusione, fra profittatori incalliti e lobby varie (che però garantiscono prebende per il potere). Mi domando, in effetti, se il TRUMP trionfante della rielezione alla Casa Bianca, alle prese con il problema dei dazi, specie con la CINA, disponga veramente dei mezzi e degli argomenti che possano portare PUTIN a più miti condizioni. Come già evidenziato in premessa, la situazione, già di per sé molto complessa, appare assai lontana da una soluzione a breve termine

Teatro Mediorientale

Per quanto riguarda il teatro mediorientale, anche per questo mese, nonostante ulteriori agitazioni e la ribadita determinazione di ISRAELE di proseguire a fondo nella sua lotta per l’eliminazione di HAMAS, non si intravvedono, per il momento, prospettive diverse da quelle già evocate a suo tempo per GAZA. Nel frattempo, la martellante campagna mediatica di Hamas e dei Qatariani, contro NETANHIAU (rinforzata in ITALIA dalla sinistra nostrana) - nella speranza che le pressioni su TEL AVIV possano far flettere la volontà di ISRAELE - ha creato una enorme confusione anche fra le popolazioni europee. Quello che sorprende è il fatto che una parte dell’opinione pubblica europea, focalizzata sulle sofferenze della popolazione palestinese, si sia dimenticata delle efferatezze palestinesi del 7 ottobre 2023 e che la stessa HAMAS, oltre a non aver restituito gli ostaggi ebrei morti in suo possesso, non ha mai rinnegato la sua manifesta volontà di eliminare ISRAELE dalla faccia della terra. Nell’area ci troviamo ormai, sempre di più, in un vicolo cieco. Lo scorso mese ho evocato le possibili azioni di IRAN, HEZBOLLAH e del nuovo governo siriano nella speranza di acquistare o recuperare una durevole influenza nel Medio-Oriente, ma bisogna temere molto di più quello che la TURCHIA (di cui ho evocato la visita a ROMA) e la RUSSIA stanno tramando nella disastrata LIBIA. Ma la situazione nel MEDIORIENTE appare foriera di ulteriori e pericolosi problemi, specie a seguito dell’impasse dei negoziati USA IRAN sul nucleare e dopo la dichiarazione degli ayatollah iraniani di proseguire nella costruzione della bomba e nella costruzione di una nuova fabbrica di arricchimento dell’uranio. ISRAELE scalpita per bombardare e la cosa sembra sfuggire di mano agli USA (oppure TRUMP, stanco di negoziare a vuoto, lascerà mano libera a NETANHIAU). Infine, ricominciano venti di guerra fra TRIPOLI (Turchia) e BENGASI (Russia) ed entrambi i contendenti si stanno fortemente riarmando. Credo che l’ITALIA debba, a giusto titolo, preoccuparsi di più di quello che si sta preparando in LIBIA (il fronte più sensibile per la nostra nazione) e che l’EUROPA, debba seriamente cominciare a pensare nelle sue direttive di rinforzo difensivo militare non solo all’est europeo ma, anche e soprattutto al fronte sud del Mediterraneo, un’area sensibile specie economicamente, in particolare per la presenza di enormi giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo orientale, da CIPRO ad ISRAELE e dall’EGITTO fino alla LIBIA. Ho la sensazione che l’EUROPA, super allineata con la NATO, non abbia ancora messo bene a fuoco l’importanza di questo fronte.

Massimo Iacopi

Riflessioni del Direttore di Graffiti  Gen. B. Carmelo Sarcià

Il pregevole bollettino di guerra redatto dal Collega Iacopi è stato consegnato in Redazione il 12 giugno scorso, allorché l’iniziativa israeliana di distruggere i laboratori iraniani di superficie funzionanti per l’arricchimento dell’uranio non si era ancora verificata. Con questa mia nota aggiuntiva desidero dunque integrare il lavoro di Iacopi e, con l’occasione, salutare tutti Voi che, per il tramite Suo, consultate spesso Graffiti, la Rivista di Arte e Cultura che dirigo  da 36 anni; della qualcosa Vi ringrazio.

Tutti noi, credo, abbiamo seguito con trepidazione, le bollenti notizie dei danni inflitti dal tenace presidente del governo di Israele all’Iran: l’azzeramento (o meglio la neutralizzazione) dei capi militari delle forze armate iraniane ed i bombardamenti inflitti ad alcune strutture sensibili, soprattutto aeroportuali. Senza tacere della risposta iraniana che, sia pure in misura molto inferiore, ha comunque inflitto ad Israele la Repubblica Islamica dell’Iran.

Quello che mi preme far qui risaltare non è certamente l’arida cronaca delle pericolose schermaglie in corso tra Netanyahu e Khamenei, ma più che altro suggerire innanzitutto motivi di riflessione circa le prossime possibili mosse dei Persiani con riguardo alla indiscussa e silenziosa conferma dell’appoggio degli USA ad Israele, peraltro mai cessato, visto che è di pochi giorni fa la notizia che Trump ha ordinato di dirottare verso Tel Aviv i lotti di sistemi d’arma ordinari e missilistici destinati al traballante Zelenskyy.

Oltre a questo tormentone, la nostra riflessione potrebbe essere rivolta alle incertezze, agli eventuali colpi di testa ed ai possibili errori strategici dei cosiddetti Volenterosi, incoraggiati dalla scalpitante Francia e dall’imperialista Regno Unito, oltre che dalla debole Germania che, a quanto pare, avendo sollecitamente convertito la precaria industria automobilistica in industria di guerra, sembrerebbe voler cogliere l’occasione per scrollarsi definitivamente di dosso i sospetti che hanno continuato a perseguitarne l’immagine dopo il processo di Norimberga. 

Altro motivo, stavolta di preoccupazione, piuttosto che di riflessione, in caso di allargamento dei conflitti in atto, potrebbe essere quello del coinvolgimento eventuale della Russia, della NATO, della Cina e (perché no?) della Corea del Nord, ormai sdoganata da Putin e forte dell’esperienza acquisita dai quadri ufficiali sul campo di battaglia ucraino.

L’espressione da pronunciare oggi con assoluta discrezione è “Terza Guerra Mondiale”. Un’espressione che comincia a serpeggiare nei pensieri di chi sa bene di cosa stiamo parlando e che sta togliendo il sonno a tanti Capi di Stato e di Governo, compresi quelli italiani,  ma soprattutto ai generali del Pentagono, la cui opzione di intervento rischierebbe effettivamente di condizionare anche gli stati d’Europa oltre che quelli occidentali non aderenti alla NATO e buttare all’aria le promesse elettorali di Trump, apparentemente cauto e guardingo, malgrado le effervescenti polemiche dallo stesso scatenate su dazi, blocco del flusso migratorio in entrata, espulsioni a go-gò, tagli della spesa e cancellazione del sistema woke (1).

Nulla sulle imprevedibili mosse della Von der Leyen, il cui ruolo, anche se insistentemente spinto al potenziamento degli armamenti dei partner europei, in realtà, sull’opzione interventista, dovrebbe, anzi deve, mantenersi estranea o al massimo interessata. 

Parecchio, invece circa lo scatenarsi dei molto probabili appetiti cinesi di approfittare del poderoso impegno militare occidentale per occupare Taiwan, bollente polo della discordia sino-americano la cui esistenza si è fondata finora sulla presenza delle basi americane nel Pacifico, mai rimosse dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel caso in cui il mondo islamico riuscisse a confluire in un’unica, compatta e diabolica coalizione.

L’unica notizia confortante circa la consistenza del deterrente contro i venti di guerra che spirano dall’Oriente e dal Medio Oriente è costituita dal “via libera” conferito dagli Americani ai Giapponesi di ricostituire la potenza armata di cui storicamente essi sono capaci ed insieme a ciò, sempre nello scacchiere indo-pacifico, la posizione strategica del  continente australiano, storicamente avvezzo ad affrontare emergenze mondiali del tipo di quella che, come una Spada di Damocle, sovrasta oggi la nostra Civiltà, come non succedeva più da 80 anni.

NOTA

(1) Woke è un termine inglese, la cui forma base è awake (sveglio, cosciente), che si riferisce alla consapevolezza delle ingiustizie sociali, economiche e culturali, in particolare riguardo a temi come razzismo, discriminazione di genere, diritti LGBTQ+ e ambientalismo. In origine, il termine era usato in ambito afroamericano per indicare la consapevolezza delle problematiche razziali. Oggi, woke viene spesso usato con un'accezione negativa, specialmente da parte di chi critica le posizioni progressiste, per etichettare chi si interessa di questioni sociali e critica lo status quo. 

Carmelo Sarcià


Massimo Iacopi & Carmelo Sarcią

 

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