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LA VISIONE DEL MILITARE. LA NARRAZIONE MEDIATICA. LE RAGIONI DEI BELLIGERANTI

      

   

Foreign Affairs

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Massimo Iacopi


I Conflitti Armati sono Figli della Storia: Chi č senza Peccato scagli la prima Pietra.

 

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FINE DEL DIABOLICO SOGNO IRANIANO


Il Bollettino di Guerra del Generale Iacopi

LA VISIONE DEL MILITARE. LA NARRAZIONE MEDIATICA. LE RAGIONI DEI BELLIGERANTI

I Conflitti Armati sono Figli della Storia: Chi č senza Peccato scagli la prima Pietra.

(Assisi PG, 09/07/2025)

FRONTE UCRAINO E SCACCHIERE MEDIORIENTALE

BOLLETTINO DELLE GUERRE IN CORSO

Questo mese, nel dare uno sguardo alla situazione generale, desidero partire dalle conclusioni del mese scorso, dove con molta “preveggenza” avevo immaginato che NETANHIAU, nella situazione critica internazionale che si era venuta a creare per la striscia di GAZA, non sarebbe rimasto con le mani in mano. In effetti, tutto il mondo occidentale si è fatto intrappolare dalla propaganda nel problema palestinese e nella stessa Unione Europea i vari rappresentanti politici hanno fatto a gara per alimentare un antisemitismo generalizzato, accompagnato da minacce varie di improbabili sanzioni e di isolamento e da ancora più assurde ritorsioni economiche ed ipocrite proposte di soluzione politica (due popoli due stati). Ci si chiede, in effetti, se i nostri politici conoscono effettivamente la geografia del Medio Oriente e soprattutto se conoscono la reale situazione socio politica di ISRAELE e della PALESTINA, per poter avanzare proposte tanto scriteriate, oltre che coperte di ipocrisia. Fortuna vuole che TRUMP si è reso perfettamente conto che i dirigenti iraniani, da anni stanno prendendo per i “fondelli” la Casa Bianca ed il mondo (a parte quelli interessati al loro petrolio CINA in primis) e che i continui rinvii sono serviti fino ad oggi, solo a Teheran come guadagno di tempo per raggiungere l’agognato l’obiettivo dell’arricchimento dell’uranio per l’arma nucleare. In questa critica situazione di ultimatum trumpiani all’IRAN, il premier israeliano NETANHIAU, dotato di grande sensibilità politica e di grande coraggio, ha capito che era arrivato finalmente il momento di applicare la strategia del “chiodo scaccia chiodo”: attaccare da solo l’IRAN per porre con forza al mondo il grave problema nucleare di TEHERAN, cercando di risolvere, una volta per tutte, la questione ed allo stesso tempo mettere in angolo tutta la politica dei democratici americani e della sinistra europea, che si sono spesi a fondo, inutilmente, negli ultimi tempi in una ulteriore “causa persa” e per la morte del “campo largo”. In definitiva, creare le condizioni per portare a termine tutta la spinosa questione di HAMAS ed HEZBOLLAH, secondo le loro logiche. Di fatto, l’intervento israeliano in IRAN, sebbene abbia ampiamente dimostrato le grandi capacità operative dell’aeronautica israeliana e l’accuratezza della pianificazione organizzativa di TEL AVIV, ha messo anche in evidenza che ISRAELE non è in grado di sostenere, da solo, una guerra di lunga durata, come quella contro uno stato, quello degli Ayatollah, che può contare su forze umane ingenti, motivate dall’estremismo religioso e pagate profumatamente , oltre che di armamenti micidiali a getto continuo, di produzione russa, cinese ed iraniana. TEL AVIV, ormai chiaramente sostenuta dagli Stati Uniti,  si è proposta di azzerare le capacità nucleari dell’IRAN e, per accorciare la durata della guerra, si è fissato un l’obiettivo ambizioso di far crollare il regime degli ayatollah, che al momento non sembra percorribile. In questa situazione, gli ayatollah, passato il primo momento di scoramento e di panico e senza alcuna possibilità di opporsi alle operazioni dei caccia bombardieri di ISRAELE, hanno scelto la politica delle ritorsioni attraverso il lancio di droni e di missili ipersonici (gentilmente ed interessatamente offerti dalla RUSSIA). In definitiva, TRUMP, preso atto dell’empasse strategico che si era venuto a creare dopo l’attacco antinucleare di  TEL AVIV (probabilmente concordato con Trump), a sorpresa, ha ordinato al Pentagono un’operazione, probabilmente risolutiva a medio e lungo termine, per scompaginare il programma nucleare iraniano - nonostante le numerose minacce da parte di TEHERAN di improbabili ritorsioni, senza escludere gli USA – tale da impedire agli ayatollah ogni possibilità di ripresa. In effetti la ritorsione iraniana su una base americana in IRAQ c’è stata, ma gli iraniani ormai, nonostante i buoni uffici di PUTIN, sembrano ormai orientati a più miti consigli, dimostrandosi disponibili ad una possibile tregua, pur strombazzando nelle piazze di Teheran, a beneficio del popolo iraniano, disorientato e diviso, di voler proseguire il problema nucleare ad ogni costo, sempre minacciando la  distruzione dello Stato di ISRAELE. Ancora una volta, in questa situazione, l’Unione Europea ha fornito l’ennesima prova della sua inadeguatezza (con il Tedesco MERZ che ha inneggiato all’azione salvifica del premier israeliano, il Francese MACRON, sempre “volenteroso”, ma più confuso che persuaso e l’Italiano TAJANI, sempre fermo sulla Beresina (1) , che ripete come un giradischi rotto l’incipit vecchio e stonato, scomparso da tutte le agende comprese quelle Sciite, “Due Popoli Due Stati”. La realtà è che la questione ucraina, dopo che PUTIN, a suo dire, ha tentato inutilmente di fare da paciere (?...) nel ginepraio mediorientale, sembra ancora ben lontana da una qualsiasi soluzione di pace o da una possibile tregua. Per quanto riguarda il teatro mediorientale, anche per questo mese, nonostante ulteriori agitazioni e la ribadita determinazione di ISRAELE di proseguire la sua dichiarata lotta per l’eliminazione di HAMAS, che comunque sta costando una ingente quantità di vittime innocenti nel popolo palestinese, sbandato, disordinato, privo di guide,  affamato, assetato e disorientato, talvolta usato come scudo umano dai terroristi di Hamas, talvolta accorso nel posto sbagliato al momento sbagliato, non si intravvedono, per il momento, prospettive diverse da quelle già evocate a suo tempo per GAZA. Nell’area Israele sembra ormai trovarsi sempre di più in un vicolo cieco. Vero che Netanyahu è uscito rafforzato dopo l’operazione contro i siti nucleari Iraniani, sicuramente combinata con quella americana, ma è vero anche che gli oppositori al suo governo, alla sua strategia ed a lui medesimo, aumentano di giorno in giorno tra tutte le fazioni e classi in cui è diviso il popolo Giudeo. Persino tra gli Ortodossi, graziati dalla chiamata alle armi e per natura radicali ed estremisti, si sono da sempre schierati in suo favore, all’insegna del motto biblico “Occhio per Occhio, Dente per Dente”, cominciano ad esternarsi i malumori. A nessuno sfugge che la spietata condotta dell’operazione anti Hamas e le sue conseguenze collaterali, in futuro non mancherà di creare altri e più gravi problemi all’esistenza pacifica di Israele. Gli Ebrei non perdonano, non dimenticano e si vendicano; ma gli Sciiti non sono da meno, anzi, volendoci avventurare in un paragone, il loro istinto terroristico, unito all’ingente disponibilità di risorse, li rende sicuramente pericolosi senza limiti, anche per l’Occidente in genere.  La nota positiva che potrebbe renderci moderatamente ottimisti, va indubbiamente individuata nei risultati del recente Summit NATO, dove tutti stati membri europei sembrerebbe abbiano convenuto con gli USA di voler mettere mano alle “tasche” e partire seriamente con la diramazione di direttive operative chiare e coordinate per l’effettivo rinforzo difensivo militare, non solo nell’Est europeo ma, anche e soprattutto sul fronte Sud del Mediterraneo. Un’area sensibile, questa, di interesse europeo, oltre che atlantico ed in primis importante per l’ITALIA. La sensazione è che non tutti in EUROPA abbiano ancora messo bene a fuoco l’importanza di questo fronte. Per tornare al teatro di guerra russo-ucraino, la situazione, già di per sé molto complessa, appare assai lontana da una soluzione a breve termine. Come avevo già evocato in altro notiziario, i “due sordi” della scena continuino “olimpionicamente” a parlare di tregua, a prefigurare una possibile definitiva soluzione, senza cessare di farsi, come storicamente avviene da secoli,  reciproci dispetti. PUTIN ha capito che TRUMP si trova di fronte a difficoltà negoziali e non perde l’occasione per alzare la posta in gioco ad ogni giro di colloqui telefonici. Entrambi gli “animali” hanno evitato fin’ora di incontrarsi, affidando le traballanti trattative a personaggi istituzionali privi di un effettivo potere decisionale. L’arte dello “zumpappà(2) in questi casi e in ogni tempo, va a gonfie vele. Di fatto, l’atteggiamento ondivago del presidente americano, peraltro obbligato dalla sua presa di coscienza della necessità di ricostruire una immagine degli States, logorata dai molti fiaschi accumulati dai suoi predecessori Democratici, senza offrire il fianco agli oppositori (presenti anche nella sua coalizione di governo), semina preoccupazione nel mondo occidentale, abituato a vivacchiare sotto l’ombrello protettivo americano, mettendo in difficoltà la “governance” (3) europea che non perde occasione per dare si sé mostra di arrivismo, improvvisazione, sgomitate, corse in avanti e soprattutto aspirazione di accreditarsi davanti ai propri Parlamenti (con riferimento specifico a UK, Francia e Germania) sorretti da maggioranze risicate e traballanti) e che appare sempre più orientata a svolgere il ruolo di “piromane” piuttosto che quello di “pompiere”. Ci si chiede in effetti se in questo momento TRUMP si sia formata un’idea precisa degli argomenti che possono costringere PUTIN a giungere a più miti consigli. La situazione appare molto delicata, anche perché, alla luce delle ultime dichiarazioni, il Presidente della Federazione Russa non sembra avere intenzione di interrompere la prosecuzione della ormai famosa Operazione Speciale, specchietto per le allodole per un Occidente indebolito, forte dei consistenti appoggi assicuratigli innanzitutto da Iran, Corea del Nord e Cina, ormai punta ad occupare tutto il territorio ucraino, anche infastidito (questo non è un mistero) dal personaggio Zelensky, ormai decaduto come presidente, cui inutilmente ha chiesto di farsi da parte e di indire nuove elezioni. Il lavoro diplomatico americano, europeo e, sotto-sotto, cinese, unito alle folgoranti trovate (sparate?...) del Presidente degli USA, nelle speranze degli stati spettatori, attenti ad agire con estrema cautela,  potrebbe forse “sfiammare” la situazione. C’è da dire che la recrudescenza dei combattimenti in terra d’Israele non aiuta nessuna delle parti a trovare spazi di serenità per la ripresa di un confronto produttivo. Purtroppo nessuno di noi può ignorare che sui campi di battaglia valgono le leggi del più forte. Putin questo lo sa. Siamo forse noi Occidentali che abbiamo dimenticato quanto valga la capacità di resistenza del popolo russo in guerra. La consegna USA e NATO è comunque quella di non far salire la tensione mondiale oltre il limite di “frattura prestabilita”. A livello Europeo, stante la pericolosità decisionale di alcuni personaggi sedicenti “volenterosi”, il rischio di interventi esterni in teatro, che potrebbero portare ad un pericoloso allargamento del fronte sul campo, è in effetti concreto: ●da una Parte la Corea del Nord che ha già sacrificato al fianco dei Russi 30 mila uomini e si appresta a sacrificarne altri 30 mila (anche se lo scopo di “Kim Jong-un” è essenzialmente didattico, infatti le sue Divisioni non hanno mai partecipato a combattimenti ed i comandanti impiegati contro la Corea del Sud sono ormai fuori servizio o deceduti); ●dalla parte euro-americana desta invece preoccupazione l’attivismo della Polonia, motivato in parte dalla sua stretta vicinanza al confine ucraino ed in parte dalla tristissima esperienza vissuta sotto il tallone sovietico, la cui eventuale violazione, anche fortuita, dello stato di non belligeranza, trascinerebbe nel conflitto le FF.AA. NATO, con le conseguenze facilmente prevedibili.

NOTE

(1) Il termine “Beresina” si riferisce alla battaglia combattuta nell'omonimo fiume in Bielorussia nel novembre 1812, durante la campagna di Russia di Napoleone. A seguito delle pesanti perdite subite, il termine è diventato in francese sinonimo di disfatta o catastrofe. In italiano Beresina è spesso usato in modo simile a Caporetto ed indica una grave sconfitta militare.

(2) “zumpappà” è una parola onomatopeica che imita il suono del saltare, spesso usata come espressione infantile o in filastrocche. Qui è usata per descrivere l’abitudine a volte infantile di affrontare per svariate volte situazione importanti, senza mai giungere ad una soluzione concreta.

(3) La “governance” è l'insieme dei principi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione e il governo di una società, di un'istituzione, di un fenomeno collettivo.


Massimo Iacopi

 

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