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UN MATRIMONIO E DUE DIVORZI

      

   

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Massimo Iacopi


Le cause dello Scisma

 

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LA TORRE DI LONDRA


Enrico VIII

UN MATRIMONIO E DUE DIVORZI

Le cause dello Scisma

(Roma, 17/12/2014)

Quando il Re inglese si rivolge al Papa romano per dissolvere la sua unione matrimoniale, egli è ben lungi dall’immaginare le conseguenze che questo affare avrebbe poi provocato. Fra l’Inghilterra e Roma nulla funzionerà più come prima … e, per di più, con lo scisma, nascerà una nuova religione.  All’origine dello scisma fra l’Inghilterra e Roma, nel 16° secolo, si pone il “grande affare del re”. Di norma si utilizza il termine “divorzio” per qualificare la separazione fra Enrico Tudor e Caterina d’Aragona, ma sarebbe più corretto di parlare di “annullamento”. In effetti, il divorzio non aveva a quel tempo lo stesso significato di oggi, in quanto non autorizzava un nuovo matrimonio. Il re d’Inghilterra, contro ogni parere e contro tutti, non smetterà di affermare, per tutti i sei anni che dureranno i negoziati con Roma ed i lavori del Parlamento inglese per annullare il suo matrimonio, che egli “detestava e disprezzava” il divorzio, perché il matrimonio era per lui sacro ed indissolubile. Per capire questo atteggiamento, occorre sapere che Enrico, sin dalla più giovane età, ha coltivato una passione per la teologia. Inoltre, quando suo padre gli vuole far sposare a Caterina d’Aragona, la vedova di suo fratello Arturo, egli esprime un dubbio sulla validità di un tale matrimonio e ne rende edotto Il vescovo di Winchester, Richard Fox. Questo tipo di unione risulta, in effetti, vietata dalla legge di Dio, poiché sta scritto nel Levitico (20, 20-21): “Quando un uomo prende per moglie la donna di suo fratello si tratta di una sozzura: egli ha scoperto la nudità di suo fratello ed essi saranno privati di figli”. Di fatto, per la Chiesa, questo tipo di matrimonio è colpito da  nullità. Una dispensa del papa risulta pertanto necessaria perché l’unione del giovane Enrico e della vedova di suo fratello possa essere considerata valida. Fatto che Papa Giulio II della Rovere accorda volentieri. Anche se la vita familiare risulta armoniosa per qualche anno, la coppia ha un solo bambino, Maria, nata nel 1516 e la moglie, Caterina raggiunge ormai l’età che non potrà più procreare. Enrico teme che Dio lo voglia punire in tal modo per aver sposato la donna di suo fratello. Sebbene gli Inglesi non conoscano la Legge Salica, il problema della sua successione turba i sonni del re: in effetti i Tudor non hanno ereditato la corona inglese ma l’hanno strappata  con la spada ai Plantageneti, che l’avevano avuta dagli Angioini. Per parte di sua madre, Enrico Tudor possiede per certo sangue dei Plantageneti, ma ci sono nel regno uomini che, per la loro nascita, potrebbero rivendicare la Corona ed il Re è troppo lucido per non temere che l’accesso al trono di un eventuale figlio illegittimo, che ha nominato duca di Richmond, potrebbe scatenare delle forti opposizioni. L’ombra della guerra delle Due Rose, che ha insanguinato il paese per 30 anni, è ancora dietro l’angolo. Tuttavia, l’annullamento del suo matrimonio con Caterina diventa un argomento scottante, solo nel momento in cui Enrico si innampora follemente di una delle sue amanti, Anna Bolena. Quello che era una preoccupazione nel suo spirito, turbato dalla paura di una punizione divina, diventerà il suo “grande affare”.

A Roma le sfide politiche hanno il sopravvento sulla teologia

Nel mese di maggio del 1527, Enrico prende la sua decisione. Consulta il suo Cancelliere, il rimarchevole e molto ambizioso Cardinale Wolsey, come anche alcuni giuristi di fama ed inizia segretamente a muoversi. In virtù dei suoi poteri di legato a latere (cardinale della curia romana), Wolsey riunisce un tribunale straordinario per emettere un verdetto sulla validità del matrimonio reale, basando le sue argomentazioni sulla legge del Levitico. Per aumentare le sue possibilità di conseguire l’annullamento, egli si sforza anche di dimostrare che il monarca è stato sposato grazie ad una dispensa papale, di cui egli ha precisamente sempre messo in dubbio la legittimità, in quanto contraria alla “volontà di Dio”. Quello che ha fatto un papa, un altro può disfarlo, tanto più che, nel caso di annullamento di un matrimonio, esistono dei precedenti. I sovrani pontefici sono sempre più mossi e motivati da sfide (poste in gioco) di tipo  politico, piuttosto che da interessi teologici. Purtroppo, la politica, in questo periodo perturbato della storia europea, gioca a sfavore della corona. Le truppe imperiali si sono impadronite di Roma e Papa Clemente VII de’ Medici è stato persino costretto a rifugiarsi per qualche mese in Castel S. Angelo. La richiesta inglese arriva, pertanto, in un momento poco propizio, in quanto il papa ha più da temere dalla possente Spagna che dalla piccola Inghilterra ed in questo caso il pontefice deve procedere con molta più circospezione proprio perché Caterina d’Aragona è la zia dell’imperatore Carlo. Il compito di effettuare le azioni presso il papa viene affidato al cancelliere Wolsey, ma il re, impaziente, decide da parte sua, di prendere in mano tutta la questione: nel mese di giugno egli avverte brutalmente Caterina di non considerarla più la sua sposa legittima; nel mese di agosto, senza avvertire il suo cancelliere, egli invia a Roma il suo segretario personale, William Knight. Agli inizi di gennaio del 1528, Clemente VII, sotto pressione, consegna a Knight una bolla che accorda una dispensa al re per risposarsi se la sua unione con Caterina viene riconosciuta invalida. Ma questo è il vero nodo del problema. A quel punto, Enrico invia una nuova ambasciata in Vaticano, costituita da Stephen Gardiner, vescovo di Winchester, professore di diritto canonico a Cambridge ed Edward Fox, dottore in teologia. La loro missione: ottenere dal papa una commissione decretale affinché il processo di annullamento si possa svolgere in Inghilterra. Papa Clemente rifiuta ed i due inviati devono accontentarsi di una commissione generale per Wolsey, una dispensa per il matrimonio ed una commissione per Wolsey ed il legato Campaggio, attribuendo loro il potere di giudicare e statuire sulla validità di questo matrimonio. Fox ritorna immediatamente in Inghilterra per riferire al re. Nel mese di maggio 1528, con il documento in mano Fox si inginocchia davanti ad Enrico, che comprende che il problema non è stato risolto. Egli da l’ordine a Gardiner, rimasto a Roma di riprendere i contatti e le azioni presso Clemente VII. Nell’autunno, tuttavia, il cielo si schiarisce sopra la testa del re: il legato Campaggio arriva a Londra, portatore della famosa commissione decretale che deve rimanere segreta. Il re, scoppiettante per la gioia, è pronto all’azione.

Neanche un angelo riuscirebbe a dissuadere il re

Campaggio riferirà che il sovrano “è talmente convinto che il suo matrimonio è contrario alla legge di Dio a tal punto che neanche venuto dal cielo riuscirebbe a dissuaderlo”. Purtroppo quello che egli non conosce ancora è che Campaggio ha ricevuto l’ordine di ritardare al massimo il processo. A tal fine, egli suggerisce che Caterina si ritiri in un convento ed, a causa della “morte spirituale” della Regina, Enrico potrà risposarsi. Caterina rifiuta una tale soluzione e contrattacca, inviando un emissario segreto presso suo nipote. Davanti all’atteso rifiuto della regina, Campaggio distrugge il prezioso decretale, che d’altronde concerneva solamente la dispensa concessa a suo tempo da Papa Giulio II. A questo punto il Re si ritrova al punto di partenza ed invia una nuova ambasciata presso Clemente VII, che si rifiuta di cedere. Enrico, perdendo la pazienza, ordina ai due legati, Wolsey e Campaggio, il 29 maggio 1529, di istruire il processo a Londra senza altro indugio. Questo viene aperto il 18 giugno seguente davanti alla corte dei legati, riunita nel priorato dei Blackfriars. Il re non ha modificato i motivi della sua richiesta di annullamento, che si basa sui testi del Levitico e la dispensa a suo tempo accordata da Papa Giulio II. Mentre Enrico riafferma i suoi turbamenti di coscienza, Caterina con una scena patetica, lo supplica di non abbandonarla e conclama la sua verginità quando l’ha sposato. Il processo viene aggiornato prima della pronuncia di una sentenza ed il Papa decide di trasferirlo a Roma e, per di più, vi convoca anche il re d’Inghilterra. Occorreva a questo punto che qualcuno paghi con la sua testa per questa doppia umiliazione e questa testa sarà quella di Wolsey. Poiché il potente cancelliere è detestato da una gran parte della nobiltà inglese, l’affare viene condotto rapidamente: l’ex braccio destro del re viene pregato di ritirarsi nei suoi possedimenti e successivamente arriveranno il sequestro dei beni e l’esilio a York. I due uomini forti del regno, durante questi anni decisivi, sono Thomas Cromwell e Thomas Cranmer. Il primo, di una grande intelligenza, è un amministratore fuori dal comune. Egli è stato al servizio di Wolsey e successivamente diventa consigliere del re, che lo nominerà Cancelliere dello Scacchiere e, successivamente, Lord Privy Seal, vale a dire guardiano del sigillo personale del re.  Il secondo, Thomas Cranmer, patrocinato dalla famiglia Boleyn (Bolena), è un giurista formato alla Common Law, un teologo di Cambridge ed un uomo di chiesa. Per effetto delle sue competenze giuridiche, Enrico VIII gli chiede di risolvere il suo “grande affare”, individuando le argomentazioni necessarie per ottenere l’annullamento del suo matrimonio. Cranmer trova la soluzione ponendo il problema della sovranità del monarca nel suo regno e mettendo in dubbio il diritto del papa ad interferire sulla giurisdizione inglese ed a dettare i suoi voleri. Egli propone, pertanto, che i vescovi d’Inghilterra siano i soli giudici della causa del Re.

Rosicchiare, uno dopo l’altro, i privilegi del pontefice

Enrico convoca il Parlamento, nominato in seguito Reformation Parliament, che terrà le sue sedute dal dicembre 1529 al 1536. In seguito egli consulta le Università più prestigiose in modo da non fare un passo falso, Infine, Cranmer e Cromwell fanno diffondere in tutto il regno una letteratura di propaganda antipapale che mette in evidenza l’indipendenza spirituale e territoriale degli Stati-nazione e quindi anche quella dell’Inghilterra. Il successo di questa campagna sarà tanto più facile proprio per il fatto che gli Inglesi hanno sempre provato una diffidenza, se non ostilità, nei riguardi dell’universalità latina che Roma rappresenta. Il “Parlamento della Riformazione” parte “lancia in resta” contro la Santa Sede, rosicchiando, uno dopo l’altro i privilegi del papa. Nel 1529, una legge vieta al Clero di presentarsi davanti alle Corti canoniche. Nel 1530, i decreti del Praemunire (delitti consistenti nel difendere o nel mantenere una giurisdizione papale in Inghilterra, da Oxford English Dictionary), che vieta a qualsiasi persona di fare ricorso ad una potenza straniera, vengono ristabiliti. 15 membri del clero, fra i quali alcuni vescovi, vengono accusati di esercitare illegalmente la loro giurisdizione spirituale; nel dicembre, l’accusa si estende a tutto il Clero. Nel 1531, viene accordato il perdono reale per la sua “offesa”, mediante pagamento; la provincia ecclesiastica di Canterbury pagherà 100 mila lire sterline; quella di York, 18.840 lire sterline. Enrico esige per di più di essere riconosciuto come Capo supremo. Tutto porta a credere, come lo sottolinea lo storico britannico G. R. Elton, gran specialista dell’era Tudor, che questo metodo “non era altro che un modo per dire al clero che i re d’Inghilterra non avevano alcun superiore sulla terra”. Nel 1532, Roma viene privata di una parte delle tasse ecclesiali che gli venivano versate ogni anno; poi il Parlamento minaccia il Papa di ritirargli tutte le sue entrate se il Re non otterrà nel termine di un anno l’annullamento del suo matrimonio. In effetti, durante tutti questi anni Enrico continuerà ad effettuare pressioni sulla Santa Sede ed oggi si sa per certo che tutti i grandi del regno si sono rivolti al Pontefice, intercedendo in favore di Enrico. Nel 1533, le cose subiscono un’accelerazione; Anna Bolena, alla fine del dicembre 1532, scopre di essere incinta. Il Re, un mese più tardi, la sposa segretamente e la novità del matrimonio viene resa pubblica nel successivo mese di maggio. Nel frattempo si verifica un evento abbastanza sorprendente: la nomina, da parte di Clemente VII, di Thomas Cranmer alla sede arcivescovile di Canterbury, vacante dall’estate del 1532. Il 23 maggio, il nuovo arcivescovo dichiara nullo il matrimonio del Re ed il 29 dello stesso mese proclama la validità della sua unione con Anna Bolena. Clemente VII, senza tardare un istante, invalida le nozze di Enrico e di Anna Bolena, quindi, nel mese di settembre, minaccia il Re di scomunica. Ma ormai i giochi sono fatti: la rottura con Roma è diventata inevitabile ed il 15 gennaio 1535 Enrico aggiunge ai suoi titoli quello di “Capo Supremo in Terra d’Inghilterra della Chiesa Anglicana”.


Massimo Iacopi

 

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