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1880 E 1914 CORSA AGLI ARMAMENTI

      

   

Foreign Affairs

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

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Massimo Iacopi


La Storia secondo Massimo Iacopi

 

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Opera 6

1880 E 1914 CORSA AGLI ARMAMENTI

La Storia secondo Massimo Iacopi

(Roma, 11/07/2015)

LA CORSA AGLI ARMAMENTI (1880 – 1914)

“Si vis pacem, para bellum” (Chi vuole la pace prepari la guerra), ma le Nazioni europee, super armate alla vigilia del conflitto continuavano ad essere tentate da azioni preventive.

Si evocano spesso, fra le cause della 1^ Guerra Mondiale, la “corsa agli armamenti”, opponendo tra loro le grandi potenze europee. Questo termine sembra bel scelto nel campo navale, che ha visto svilupparsi la rivalità germano-britannica. Ma poco è conosciuto di quanto è stato realmente questo fenomeno nel campo degli armamenti terrestri.

Agli inizi del 20° secolo, l’Europa vive nell’inquietudine. Ogni Stato è convinto che una guerra, a più o meno lungo termine, è inevitabile e, per non essere presi alla sprovvista, dirigenti civili e militari sanno che occorre prepararsi, pur ignorando il tempo che avranno a disposizione. Se la sensazione di essere minacciati sulle frontiere è quasi generale (gli Stati neutrali non ne sono esenti) il fenomeno si manifesta diversamente a seconda dei paesi.

La Germania crede che il mondo provi un sentimento di gelosia e quindi di “antipatia” nei suoi riguardi. All’ovest, essa si sente minacciata dal “popolo francese, il più agitato, il più ambizioso, il più vanitoso fra i popoli europei e nella piena accezione del termine il più militarista ed il più nazionalista”. (1)

Ferita dagli eventi del 1870, la Francia esprime in effetti il suo desiderio di rivincita. La crescita del nazionalismo si tocca con mano; i suoi campioni non denunciano solamente l’imperialismo tedesco; essi esprimono rivendicazioni nei riguardi dell’Alsazia-Lorena e si lanciano in violente diatribe. Nel 1913, l’arrivo all’Eliseo del lorenese Raymond Poincaré (1860-1934), non contribuisce a rassicurare Berlino, nel momento in cui gli effettivi militari risultano eccessivi in Francia, per effetto del voto della legge dei tre anni di servizio.

Dopo la firma della Convenzione franco-russa del 1892 e quindi dell’Intesa Cordiale del 1904 (che sfocerà nel 1907 sulla Triplice Intesa, grazie ad un tentativo di avvicinamento anglo-russo), la Germania ha la convinzione di essere “accerchiata”. Per questo motivo lo stato maggiore tedesco spinge per una guerra preventiva contro la Francia. Designata come “avversario principale”. Ma il suo piano di guerra offensivo mira a vincere rapidamente ad ovest per poter poi disporre di mezzi sufficienti per difendersi dai Russi. Ad est, giustamente ci si preoccupa per la sicurezza della Prussia orientale, tanto più che la modernizzazione in corso dell’esercito zarista la rende sempre più in pericolo. Berlino sa che i prestiti occidentali ricevuti dai Russi hanno facilitato lo sviluppo delle ferrovie strategiche che porteranno l’armata del granduca Nicola Romanov (1856-1929) a pié d’opera, sin dai primi giorni del conflitto. In una maniera più generale, la Germania si sente “circondata da popoli slavi pieni di avversione” (2) nei suoi riguardi. Infine, nel contesto della Triplice Alleanza, il governo imperiale è cosciente che occorrerà rispondere alle eventuali richieste d’aiuto dei suoi alleati italiani o austro-ungarici (fatto che ben presto proietterà il Reich nella guerra). Le guerre balcaniche del 1912-13 hanno evidenziato l’instabilità dell’Europa centrale e balcanica; esse hanno accresciuto il timore di Francesco Giuseppe d’Asburgo (1830-1916) di vedere il suo impero multietnico sfaldarsi sotto la spinta delle nazionalità. Dall’inizio del secolo, il suo stato maggiore desidera impegnare l’esercito in una vasta riforma di modernizzazione, ma i bilanci conseguenti non saranno mai votati fino alla vigilia della guerra. Certamente esistono dispute territoriali con l’Italia, ma l’affare Alfred Redl (1864-1913) (3) ha evidenziato che il nemico principale degli Asburgo si trova ad est.

L’autocrazia russa, sotto i panni del panslavismo, mostra la sua determinazione a sostenere le correnti nazionaliste desiderose di emanciparsi dalla tutela asburgica (i Serbi in particolare). Non è comunque da escludere che la corte di San Pietroburgo cerchi di accrescere la sua influenza nell’area balcanica. Da parte sua, il capo di SM austriaco ipotizza una guerra contro la Serbia. Dopo la sconfitta del 1905, la Russia si è impegnata in una riorganizzazione delle sue forze che gli consentirà di affrontare l’impero austro-ungarico se necessario. Ma i crediti scarseggiano, l’industria degli armamenti è balbuziente e la corruzione decisamente patente. Lo zar fa ugualmente sapere che egli attribuisce una grande importanza alla parola data alla Francia nel sostenerla contro la Germania. In questa Francia, già obnubilata dalla sua inferiorità demografica rispetto alla sua vicina, il sentimento di ineluttabilità e della prossimità di un conflitto viene evocata spesso, a partire dalle crisi marocchine del 1905 e del 1911. I discorsi imprudenti di Guglielmo 2° d’Hohenzollern (1859-1941) le dichiarazione dei pangermanisti non contribuiscono a rassicurare i governanti, convinti che il Kaiser consideri la guerra come una possibile continuazione della sua politica estera. Per quanto la riguarda, dopo che il servizio informazioni ha recuperato una versione del piano del generale Alfred von Schlieffen (1833-1913) del 1906, lo stato maggiore francese teme un “attacco improvviso”. Infine, la Francia deve poter assolvere ai suoi impegni nei confronti della Russia se quest’ultima dovesse battersi contro l’Austria Ungheria ed il suo alleato tedesco. In questo ambiente teso, non è sorprendente che le Potenze abbiano sentito la necessità di migliorare o di accrescere i loro rispettivi strumenti militari. Ma in questa situazione si può parlare di “corsa agli armamenti” ?

Si citano spesso le cifre di produzione del carbone o dell’acciaio nel periodo che ci interessa come prova dell’esistenza di una corsa agli armamenti in Europa, dimenticando che il carbone e l’acciaio non servono solo a fabbricare cannoni, specie nell’era della costruzione metallica Eiffel o dello sviluppo delle ferrovie (queste ultime non soddisfano unicamente esigenze militari). Certamente, prima del 1914 si viveva in un regime di pace armata e nessuno può negare che le grandi potenze abbiano scelto di equipaggiarsi di armamenti nuovi o più perfezionati. Ma questo anche perché occorreva seguire il progresso tecnico e rimpiazzare il materiale che stava diventando rapidamente obsoleto. Inoltre, esse hanno autorizzato queste spese senza necessariamente voler allineare “più” materiale dei loro avversari potenziali. I loro rispettivi parlamenti – coscienti dei loro doveri in materia di sicurezza, ma anche preoccupati del rispetto degli equilibri di bilancio – vi si sarebbero opposti. Tra il 1900 ed il 1910, la Francia ha consacrato alle sue spese militari in media il 50% del paritetico bilancio tedesco ed i crediti richiesti dal ministero della Guerra sono stati sistematicamente rivisti e ridotti dal Parlamento.

In tale quadro, sembrerebbe più opportuno parlare, prima del 1914, di “ricerca dell’equilibrio fra le potenze”, piuttosto che di corsa agli armamenti. In certi casi, questo equilibrio è stato raggiunto solamente, allacciando delle alleanze militari che, per poter essere onorate, avevano bisogno di procedimenti tecnici (mobilitazione parziale e quindi generale, schieramento delle truppe di copertura …) che potevano rendere fragile la situazione di pace. Altro argomento, tutti gli stati maggiori erano convinti che la guerra futura sarebbe stata corta e tutta basata sull’offensiva. Per questo motivo, essi non vedevano la necessità di dotarsi di equipaggiamenti in esubero, né di materiale pesante (suscettibile di limitare la rapidità di movimento delle grandi unità) e neanche di una provvista soprabbondante di munizioni.

L’esempio dell’artiglieria da campagna francese è rivelatore. Il 13 luglio 1914 il generale Charles Humbert (1866-1927) (4) si lamentava davanti al Senato “L’inferiorità assolutamente flagrante, estremamente pericolosa della nostra strumentazione militare … … Al di fuori dei nostri cannoni da 75 … , noi siamo per gli altri materiali in uno stato di inferiorità manifesta … . Che cosa abbiamo da opporre agli obici tedeschi ed alla loro formidabile artiglieria pesante … moderna, a tiro rapido, di grande potenza e dotata degli ultimi perfezionamenti ? Quasi nulla” . Adolphe Messimy (1869-1935), generale e ministro della Guerra, che aveva vanamente battagliato dal 1911 con la direzione di Artiglieria ed il Ministero delle Finanze per l’adozione di un cannone pesante, fornisce le cifre per giustificare la politica degli equipaggiamenti francese: “Dal lato tedesco esiste – ed è la differenza fra la loro situazione e la nostra – 2160 cannoni da 77, vale a dire 240 cannoni di meno di noi, ma occorre aggiungere 720 obici leggeri da 105, 220 obici pesanti da 150, 120 morta i da 210 per un totale di 3320 pezzi, vale a dire 300 pezzi in più dell’esercito francese, dei quali, la maggior parte, di grosso calibro”. Questo discorso provoca un moto di protesta fra i deputati: “Se il discorso del senatore Charles Humbert … aveva dato il segnale d’allarme, esso giungeva troppo tardi per poter essere seguito da un miglioramento immediato e d’altronde, un tale provvedimento poteva diventare per il nemico un prezioso avvertimento”, ricorda il generale Ferdinand Foch (1851-1929) nelle sue Memorie. Poincaré annota nello stesso periodo: “E’ proprio questo il momento di dare tanta pubblicità alle insufficienze della nostra organizzazione militare ? E non avremmo fatto meglio a votare prima le leggi proposte ? Ora Guglielmo 2° può ripetere, con una certa sicurezza, quello che ha già detto all’Austria per incoraggiarla (nella sua politica di fermezza di fronte alla Serbia dopo Sarajevo), che né la Francia, né la Russia sono attualmente in condizioni di fare la guerra. … Le rivelazioni fatte alla tribuna del Senato sullo stato dell’Esercito potrebbero avere delle pericolose ripercussioni”.  Altri storici pensano anche che questo possa essere stato il motivo che ha poi spinto i Tedeschi ad effettuare l’offensiva contro la Francia, da molto tempo già consolidata nella loro mente. In ogni caso, il 15 luglio 1914 Messimy decide di mettere a disposizione delle forze armate, al più presto nel corso del 1915 ed al più tardi nel 1918, l’artiglieria indispensabile, senza immaginare che il paese sarebbe entrato in guerra 15 giorni dopo.

Indubbiamente sarebbe più logico rilevare l’esistenza di una corsa agli effettivi che piuttosto una corsa agli armamenti, sapendo che si fabbrica o si acquista per equipaggiare i soldati che si hanno sotto le armi e quelli che lo stato di guerra porterà sotto le bandiere. Orbene, quella era l’epoca dei grandi battaglioni. Nel 1911, la Germania aveva votato una legge militare che aumentava gli effettivi di 7 mila ufficiali, 10 mila sottufficiali e 52 mila soldati in due anni. I crediti per l’acquisto di materiali erano passati da 100 milioni del 1904 ai 430 milioni di marchi del 1913 e 1914. Una legge del luglio 1913 incrementa ancora gli effettivi a 876 mila uomini per il 1915. In ogni caso, il Reich del 1914 allineava 870 mila uomini in tempo di pace e poteva mobilitare 3 milioni e 746 mila soldati. In Francia, la legge dei tre anni dell’agosto 1913 fornisce più effettivi, immediatamente disponibili in caso di attacco improvviso (25 classi mobilitate). Il 2 agosto 1914, l’esercito francese passa dagli 817 mila uomini ai 3 milioni e 580 mila. Sulla carta, - poiché non si possono averli a disposizioni tutti istantaneamente ed allo stesso tempo equipaggiarli – la Russia dispone di 4 milioni e 400 mila soldati. L’Austria-Ungheria di 3 milioni. L’Inghilterra che dispone di 250 mila professionisti, nell’agosto 1914 vede i suoi effettivi salire a 780 mila.

Come spiegare questa inflazione generalizzata di effettivi, nel momento in cui ci si aspettava una guerra breve e soprattutto non si pensava di doverla fare “a colpi di uomini”, come invece avverrà nel 1915-1917 ? La risposta viene fornita dai piani di guerra (5), che esigevano molti soldati in servizio e della riserva. Il fatto di poter contare su molte truppe ha spinto forse i governanti a scatenare la guerra e la convinzione di essere una potenza militare ha giocato un ruolo nella crisi diplomatica dell’estate del 1914 ? In una Europa, nazionalista e militarizzata, ciò appare più che probabile: Vienna pensava di fare un solo boccone dell’esercito della Serbia, Berlino di quello della Francia, come anche del “miserabile esercito britannico”, mentre Parigi scommetteva sulla riserva d’uomini costituita dalla Russia per compensare la sua inferiorità numerica.

NOTE

(1) Memorie del principe di Bulow 1849-1929 ;

(2) Memorie del principe di Bulow 1849-1929;

(3) Alfred Redl (1864-1913), ufficiale galiziano, alla guida del controspionaggio austro-ungarico, campione del doppio gioco e spia per l’impero russo. Egli è accusato nel 1912 di aver venduto alla Russia i piani d’attacco austriaci. Scoperto dal ministero degli esteri austriaco viene costretto a suicidarsi nel maggio 1913.. Sembra sia stato vittima di ricatti di natura omosessuale;

(4) Rapporto della Commissione dell’Esercito;

(5) Schlieffen-Moltke per la Germania, n. 17 per la Francia.


Massimo Iacopi

 

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